ll debito pubblico nasce in Italia nel 1861, subito dopo l’Unità d’Italia.
Durante quel periodo, si decise di assemblare tutti i piccoli stati, accorpando anche i loro debiti che si trasformarono unicamente ed esclusivamente nei famosi titoli di debito di Stato o più comunemente “BOT” (Buoni Ordinari del Tesoro).
Il debito pubblico, la stessa parola lo dice, è un debito che contrae lo Stato nei confronti di alcuni investitori (Paesi e/o banche).
L’indebitamento avviene attraverso l’acquisto di titoli di Stato come ad esempio Bot, Btp, Cct, ecc.
Il contratto che si stipula tra i due (stato – investitore) è un patto a tempo determinato, ovvero alla scadenza del titolo, lo Stato si impegna a rimborsare all’investitore la somma concessa alla sottoscrizione e in più riconosce una somma a titolo di interessi per il prestito ricevuto.
(Adesso qualche piccola novità la trovate con l’introduzione delle CaCs, post pubblicato in precedenza)
Lo Stato, per rimborsare il capitale investito più gli interessi, tende a indebitarsi sempre di più.
Di conseguenza, per ripagare questo debito, lo Stato è costretto o a produrre nuove entrate fiscali oppure tendere a far crescere il proprio Paese a livello economico in termini di ricchezza e quindi di Prodotto Interno Lordo… Ipotesi sempre auspicata.
In quest’ultimo caso, per far crescere il Paese a livello economico, lo Stato avrebbe dovuto aumentare i tassi di interesse, per far sì che i cittadini comprassero altri titoli e fossero disposti ad investire nuovamente o addirittura affidare nuova liquidità e quindi a rifinanziare lo Stato nella sua crescita economica.
Questo processo rischia di diventare un circolo vizioso, in quanto lo Stato alza i tassi per ottenere più soldi e il cittadino investe più soldi per ottenere benessere.
Un vero e proprio prestito, come quello che conosciamo noi cittadini.
Io ti dò dei soldi e tu me li ritorni indietro dopo tempo con gli interessi.
Secondo voi, chi contrae un debito, ha interesse a pagare più o meno interessi?
Alessandro Lo Verde
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Pubblicato da Dott. Alessandro Lo Verde - Consulente Finanziario Palermo
Uno studio condotto dall’OCSE relativo al grado di alfabetizzazione finanziaria dei risparmiatori, vede il nostro amato stivale posizionarsi al penultimo posto tra 18 Paesi al mondo per quanto riguarda il grado di educazione finanziaria.
Siamo ormai abituati a presidiare gli ultimi posti in classifica in diversi settori, ma ciò che stupisce è che, relativamente al tema dell’alfabetizzazione finanziaria, l’Italia viene superata da Paesi come la Lettonia, la Lituania, la Polonia, Paesi che nella percezione di molti italiani sembrerebbero avere una marcia in meno rispetto a noi italiani.
Difatti, quando si parla di risparmio, le scelte che affrontiamo o che abbiamo effettuato nel corso del tempo, pensiamo siano le migliori e che siano assolutamente corrette e ineccepibili.
Questo genere di comportamento prende il nome di “Overconfidence”, ovvero una distorsione della nostra percezione che ci fa sentire sicuri delle nostre capacità, anche se talvolta vengono meno.
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